Università e guerra un legame sempre più stretto. Manifestazione il 24 a Roma contro il governo della guerra

Qualche settimana fa si è conclusa la seconda e ultima parte della Joint Stars 2022/23
(JOST 22/23)
, la più importante esercitazione militare italiana. Obiettivo prioritario era
quello di rafforzare l’integrazione e l’interoperabilità delle componenti militari nazionali
tra loro e con quelle NATO e ciò spiega il carattere interforze, inter-agenzia e
multidominio (terra, aria, mare, spazio e cyberspazio) dell’esercitazione.
La seconda fase è stata condotta in Sardegna nel mese di maggio e ha visto la
mobilitazione di 4000 uomini e 900 mezzi militari con lo scopo di simulare
un’operazione interforze.
Inoltre, a segnalare la frequenza delle esercitazioni (specie in un momento in cui il
nostro blocco imperialista spinge verso la guerra) e la militarizzazione di un territorio
come quello sardo, la seconda parte di questa esercitazione si è svolta nei poligoni di
Capo Teulada e di Quirra poco tempo dopo la conclusione dell’esercitazione Nato
‘Noble Jump 2023’. Così mentre l’Emilia-Romagna provava sul proprio territorio gli
effetti dell’infarto ecologico, lo Stato utilizzava mezzi e uomini per giocare alla guerra e
devastare un territorio già martoriato. Risultano chiare le priorità del Governo.
Entrambe le fasi dell’esercitazione hanno visto la partecipazione attiva di studenti e
dottorandi della Scuola Superiore Sant’Anna, dell’università di Genova, della LUISS e
della LUMSA col compito di supporto delle azioni militari hanno fornito delle cornici
giuridiche e politiche. Più nello specifico hanno dato il contributo negli ambiti della
‘cooperazione civile-militare’ (CIMIC), della relazione con i media (Public Information) e
legali (LEGAD).
Oltre a ciò, ed in vista di una migliore sinergia con gli ambienti militari, gli studenti e
dottorandi hanno partecipato a briefing sui ruoli e i funzionamenti delle diverse FFAA e
hanno potuto ‘ammirare’ la simulazione pratica a Capo Teulada.
Non ci sorprende, in verità, la partecipazione di studenti e dottorandi di università
pubbliche e private italiane ad un’esercitazione militare. Non stupisce perché è da
diverso tempo che denunciamo la sempre più chiara tendenza all’ibridazione tra ‘civile’
e ‘militare’ e al ruolo che le università (e i loro saperi) giocano in questo. È necessario,
quindi, tentare di allargare l’orizzonte di analisi per poter cogliere i motivi del legame
sempre più stretto tra apparati bellici, industrie della guerra e le università.
Nel 2017 la funzionalizzazione dei saperi e l’ibridazione tra ‘civile’ e ‘militare’ diventano
infatti obiettivi dichiarati dell’Unione Europea con l’istituzione del Preparatory Action on
Defence Research (PADR) e dell’European Industrial Development Programme
(EDIDP), i programmi preparatori dell’European Defence Fund (EDF). In questa
direzione si muove anche il progetto ANDES dell’Agenzia Europea per la Difesa che
mira appunto a rafforzare i legami civili-militari rafforzando e sviluppando il trasferimento
tecnologico di tipo dual-use. Scopo dichiarato è lo sviluppo della relazione tra istituzioni
europee, think tank, mondo accademico, centri di ricerca e aziende del settore della
Difesa. Questi sono strumenti utili allo sviluppo di un complesso militare-industriale che
possa permettere all’UE di dotarsi di strumenti di intervento militare in difesa dei suoi
interessi strategici, specie in un’era come questa caratterizzata, come detto da von der
Leyen, dall’ipercompetitività.
In questo quadro, i luoghi della formazione smettono di essere presidi di massa critica e
assumono un duplice ruolo: diventano parte del processo di accumulazione (si veda, tra
gli altri, la voce relativa agli accordi con le università del bilancio di Leonardo) e
forniscono un aiuto imprescindibile sul piano materiale e ideologico al militarismo.
Sempre più chiaro è, quindi, il rafforzamento del ruolo funzionale di università ed enti di
ricerca alle strategie onnicomprensive NATO e alla militarizzazione dell’UE. Eccellenza
è perciò quella università che meglio riesce a rispondere alle esigenze strutturali del
nostro blocco euro-atlantico. Un rafforzamento agevolato dal meccanismo di
finanziamento premiale degli atenei (la famigerata ‘terza missione’, e dentro questo
paradigma si situa la questione dell’eccellenza), dal protocollo di accesso ai fondi del
PNRR e da un discorso bellicista martellante e pervasivo a seguito della riaccensione
del conflitto in Ucraina.
Per questi motivi ci sorprende ancor meno la presenza di un’eccellenza come la Scuola
Sant’Anna. Sono proprio le eccellenze a partecipare attivamente a queste collaborazioni. Il caso Sant’Anna, anzi, si presenta come la manifestazione concreta di
quelle tendenze prima descritte.
La Sant’Anna è un’eccellenza anche nella capacità di coprire i tre principali aspetti della
militarizzazione del sapere: quello delle collaborazioni sul piano tecnologico e di
progettazione delle armi con aziende come Leonardo; quello che vede la collaborazione
diretta con gli apparati militari al fine di fornire cornici politiche e giuridiche alle azioni di
guerra; quello della giustificazione ideologica e culturale della guerra. Da segnalare,
infatti, che con compiti simili alcuni studenti e dottorandi della Sant’Anna hanno
partecipato a diverse edizioni dell’esercitazione della Marina Militare ‘Mare Aperto’.
Anche il protocollo di intesa siglato lo scorso Settembre con la Divisione Vittorio Veneto
dell’Esercito e la Divisione Multinazionale Sud della NATO va in questa direzione.
Grazie a questo protocollo le forze militari in teatri di guerra potranno avvalersi di
studenti e studentesse del Sant’Anna nella comprensione delle informazioni “politiche,
socio-economiche e non solo” relative al territorio.
La riaccensione del conflitto in Ucraina (e il protagonismo della NATO e dell’UE) non fa
altro che rendere più evidenti queste relazioni che erano già in essere e che erano e
sono obiettivi strategici dell’Unione Europea.
La guerra, risposta alla crisi del modo di produzione capitalistico, perciò, ha accelerato
processi che erano già in corso. Non a caso è sempre più evidente come l’orizzonte
ricercato dai nostri governanti sia quello della guerra: dal voto del Parlamento europeo
sull’uso dei fondi del Recovery Fund per aumentare la produzione di armi, così come la
maxi-esercitazione ‘Air Defender 23’ della NATO che si sta svolgendo in Germania.
La guerra e le relative politiche smascherano definitivamente le false retoriche del
Green Deal europeo. Abbiamo assistito alla riapertura delle centrali a carbone,
all’inaugurazione di rigassificatori come a Piombino, al finanziamento di grandi opere
inquinanti e distruttive per i nostri territori. Tutto ci conferma, qualora ce ne fosse il
bisogno, che non può esistere transizione ecologica dentro questo sistema. Un sistema
che tende strutturalmente alla guerra e che in una fase come questa, tra crisi strutturale
e crisi di egemonia del blocco euroatlantico, non può che spingere in questa direzione –
l’ambiente può attendere quando bisogna difendere il giardino dalla giungla. Crediamo,
perciò, che sia necessario e doveroso indicare la rottura integrale e strutturale con
questo sistema sociale ed economico.
Guerra, disastro ambientale e una più generale crisi di prospettive: queste sono le
prospettive che il nostro imperialismo ci vende.
Per queste ragioni scenderemo in piazza il 24 giugno contro la militarizzazione delle
nostre università, contro la guerra, contro chi devasta l’ambiente, contro un esecutivo
che in linea con le politiche degli ultimi trent’anni prosegue su queste direttrici.

Cambiare Rotta – Organizzazione Giovanile Comunista

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