di Norma Bertullacelli, (insegnante in pensione, Genova)
Non sembrava sufficiente alle forze armate italiane tentare di infiltrarsi nelle scuole cercando di utilizzare il maggior numero possibile di spazi. Da poco hanno cominciato anche ad occupare il tempo dedicato alle vacanze. Approfittando dell’indubbia popolarità di cui godono in zona, ma anche delle oggettive difficoltà delle famiglie che lavorano e non sanno a chi affidare i bambini e le bambine, nella località di Santa Brigida(BG) gli alpini hanno guidato un campo scuola della durata di 4 giorni per 60 ragazzi e ragazze durante il mese di giugno. A conclusione del campo l’8 giugno, alla presenza di autorità civili e militari, è stato inoltre consegnato un attestato di partecipazione.
Il quotidiano on line La Voce delle Valli (leggi tutto qui) , in data 12 giugno descrive brevemente l’evento e riporta la lettera di un genitore nella quale si parla di “un’esperienza fondante, dai risvolti unici e dagli insegnamenti irripetibili” che ha permesso a 60 ragazzi e ragazze di uscire <<zona di comfort genitoriale>>. Niente telefonini, si capisce. Al loro posto, continua la lettera, “rudimenti di maneggio di armi bianche in estrema sicurezza, percorsi di sentieristica ed escursioni compresse in tempi contingentati”. Non si dice quali armi bianche abbiano maneggiato i ragazzi. Ma, assicurano gli alpini, il tutto è stato fatto <<in sicurezza>>. Commozione, naturalmente: specialmente quando i genitori hanno visto marciare i loro pargoli agli ordini di un sergente dalla voce tonante. Giusta severità e polso, si capisce: “qualche rimbrotto severo è necessario a fare a capire, che per quanto si possa essere puccettone amoroso, bello di mamma, il rispetto delle regole non è un disvalore della modernità”. Specificando infine che non si tratta di <<nostalgie passatiste>> o di “fare l’elogio della naia formativa, della militarizzazione muscolare insita nella leva obbligatoria, sic et sempliciter, ma di constatare come un aiuto alle agenzie educative e alle famiglie, spesso si possa tradurre in un esempio didascalico”. La lettera chiude infine, in un crescendo emotivo, sui valori di rispetto e cooperazione con queste parole: “in questo senso ogni parola, barra lezione non impartita oggi, è metaforicamente un calcio nel sedere non evitato domani. E se il prezzo da pagare è la contaminazione dell’inflessione bergamasca su un bambino calabrese d’origine, ben venga questa ibridizzazione fonetica, se accompagnata dalla trasmissione di rituali basati su legalità, rispetto e inclusività. E sull’aiuto a comprendere che socializzare e non lasciare indietro nessuno, pur con le proprie fragilità e diversità. In definitiva è cultura alpina, nell’accezione più vera del vocabolo. Viva il campo scuola alpini, viva la laboriosa Valle“.
Sulla pagina Facebook “Sei di Santa Brigida se…” è possibile guardare il video della conclusione delle giornate di campo in cui ragazzi e ragazze vengono riconsegnati ai genitori a passo di marcia e solo dopo una solenne serie di “at-tenti!” “ri-poso!” “marcia a destra” “marcia a sinistra”. Prima di rientrare in famiglia viene reso omaggio ai caduti con la canzone del Piave, il ricordo musicale della <<inutile strage>> della prima guerra mondiale. Per finire, l’ultimo <<at-tenti>> viene dato con la tromba, stonata. Non si tratta solo di <<colore locale>> da liquidare con un sorriso. Come insegnanti, non possiamo fare a meno di notare come sia difficile, nella quotidiana vita di classe, educare i bambini e le bambine nella libertà. E come sia facile fare credere che basterebbe gridare loro at-tenti/ ri-poso per renderli consapevoli e responsabili.