Leggiamo in questi giorni su «La Stampa» di Torino che il giorno 4 novembre, in occasione della festa delle Forze armate tenutasi in piazza Castello, l’assessore regionale Maurizio Marrone (ex AN, ora FdI) ha annunciato il progetto Patres, che si propone di affidare a militari in congedo attività didattiche e culturali nelle scuole (conferenze, incontri e una mostra) “per trasmettere i valori e i simboli della patria».
Così dichiara Marrone: «Grazie a Patres la storia e l’orgoglio delle nostre forze armate entreranno nelle scuole». Marrone è anche convinto della opportunità di reintrodurre il servizio militare che chiama colloquialmente “naia”: «L’interruzione della naia rischia di privare le nuove generazioni di un patrimonio ideale» nonché di «un rito di passaggio e di iniziazione». Dunque non solo militarismo, ma anche nazionalismo, il sacrificio dei caduti: la patria che ti chiede la vita sul campo di battaglia. Insomma, un’inquietante evocazione di macabri miti sorpassati…
Ma analizziamo più in dettaglio il progetto, che è datato 9 giugno 2023, è firmato dall’ex generale Luigi Cinaglia (che ha operato con la NATO nei Balcani), ha come titolo “PATRES. Storia e Memoria”. La Sezione di Torino dell’Associazione Nazionale Artiglieri d’Italia (A.N.Art.I.): una risorsa per le giovani generazioni piemontesi” ed è stato presentato in Regione Piemonte nell’ambito di una selezione di progetti sull’invecchiamento attivo, con l’obiettivo principale di “stimolare la partecipazione e l’impegno civico della popolazione anziana” (https://www.patres.eu/wp-content/uploads/2023/10/Progetto-A.N.Art_.I.pdf). Sono quindi gli artiglieri che si sono proposti come soggetti capaci di “coinvolgere i giovani nella ricerca dei valori dei simboli patri italiani che identificano univocamente l’Italia riflettendone la storia e la cultura”.
A una insegnante viene spontaneo pensare: «E basta con l’ennesima associazione che si inventa progetti sulla scuola senza mai aver provato a stare in una classe». In questo caso vale la pena leggere le motivazioni di fondo (in linguaggio burocratico le “Esigenze e bisogni individuati e rilevati a livello territoriale”), per rendersi conto della disarmante pochezza del progetto, della totale mancanza di conoscenza del mondo della scuola e dell’incapacità di articolare il significato di quegli stessi valori che vengono proclamati, e che pure fanno riferimento alla Costituzione: «Nel corso di eventi connessi con aspetti storico-culturali del nostro Paese nonché con la memoria tramandata dai nostri Padri circa i valori di riferimento alla nostra Costituzione, “Carta Fondamentale della Patria”, si è notata la mancata partecipazione da parte di giovani. Ciò è dovuto anche a causa di una inerzia da parte dei nostri Veterani che non si sentono spesso valorizzati e coinvolti nel trasmettere quell’Amor di Patria difeso fino all’estremo sacrificio della loro vita. Amor di Patria che deve essere ricercato nella conoscenza e nei valori dei Simboli della nostra Repubblica».
Di che cosa si starà parlando? Di quali eventi? Qual è il nesso logico tra la mancata partecipazione dei giovani e la frustrazione dei “Veterani” che si sentono poco valorizzati”? E poi quando, in quale guerra patriottica, questi veterani ultrasessantacinquenni avrebbero difeso “l’amor di patria fino al sacrificio della loro vita”? E non sanno gli artiglieri che a scuola la Costituzione viene insegnata nelle ore di Educazione civica – e non solo! – da docenti che – nella gran parte – hanno maggior capacità argomentativa e di sintassi degli artiglieri stessi, dediti per tutta la loro vita ad altre attività, ma non certo alla produzione di pensiero e di significati?
E a che cosa servono i 20.000 euro di finanziamento? A comprare 1000 spillette con i Myosotis (da distribuire gratuitamente), dieci coppie di bandiere (da regalare ad altrettante scuole per sostituire quelle sbiadite), a organizzare alcune conferenze, una mostra con manichini in uniforme, uno spettacolo sul monumento torinese all’artiglieria e un evento sull’inno nazionale con la banda musicale di Venaria.
Certo, in una società come la nostra, dove si sono persi i riferimenti della modernità solida, dove non ci sono più partiti o sindacati o istituzioni “depositari” di verità capaci di offrire orizzonti di senso, la vuota retorica dell’”Amor di patria”, la “ricerca di simboli” unificanti quali la bandiera e l’inno nazionale, e i gadget con i Myosotis, rischiano di far presa su una popolazione disorientata e disabituata al pensiero critico. Certo, queste narrative si riannodano in modo preoccupante alla propaganda bellicista, alla penetrazione della cultura militare nelle scuole e alle sollecitazioni all’arruolamento che l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e dell’università si impegna a contrastare. Abbiamo però fiducia che, almeno in questo caso specifico, i colleghi docenti, i presidi, ma anche genitori e studenti, si rendano conto della improponibile mediocrità culturale di una tale iniziativa e non si prestino a sostenerla.
Concludo riprendendo le parole di Maurizio Marrone, che dimostra di non conoscere la storia (e come possiamo pretenderlo?), e si confonde affermando la necessita di una “piena consapevolezza del sacrificio di tutti coloro i quali, nell’offrire la propria vita per il superiore bene della patria, hanno consentito di costruire una società fondata su principi democratici”. Questo non è certo successo grazie ai caduti nella prima guerra mondiale, che ha aperto la strada al regime fascista il quale a sua volta ha portato l’Italia nella disastrosa disfatta della seconda guerra mondiale: coloro che hanno dato la vita per “costruire una società fondata su principi democratici” sono stati i partigiani e le partigiane, e siamo tutti pienamente d’accordo che sia necessario onorarne la memoria e il valore.
Terry Silvestrini, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università e Scuola per la pace – Torino