Camping Coltano, 13-16 luglio. Iniziativa contro la militarizzazione della formazione

L’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole sarà presente con molte/i sue/oi delegate/i al camping a San Pietro a Grado località Tre Pini (davanti alla base CISAM), organizzato dal Movimento No Base né a Coltano né altrove. Pubblichiamo qui il documento traccia sul quale verrà condotta la discussione sulla militarizzazione della formazione venerdì 14 luglio dalle ore 10.00 alle ore 13.00.

Ribellarsi alla cultura della guerra: assemblea del mondo della formazione

«Se le guerre non scoppiano da un giorno all’altro, ma si preparano, allora necessitano di strutture che le legittimino ideologicamente e culturalmente, di meccanismi di arruolamento e formazione di nuovi eserciti, di produzione di nuove tecnologie. Le gite nelle caserme e nelle basi militari, gli incontri con i militari nelle scuole dell’infanzia, le attività seminariali o lezioni tenute da esercito e forze dell’ordine alle scuole medie e superiori, l’alternanza scuola-lavoro in basi militari o in territori occupati militarmente, sono alcune delle forme più esplicite con cui la guerra si fa spazio nei luoghi della formazione. La centralità degli accordi tra le nostre università e le aziende che producono tecnologie belliche, nonché con lo stesso Ministero della Difesa italiano, con la NATO o con Stati notoriamente riconosciuti come autoritari e violenti, dal punto di vista dei finanziamenti e degli orientamenti della ricerca, è indicativa di quanto i luoghi della formazione siano strutturalmente piegati agli interessi della guerra. Una centralità formativa che viene mascherata dalla segretezza di questi accordi e dal “dual use”, utile a oscurare il ruolo e gli obiettivi della filiera bellica nello sfruttamento del lavoro di ricerca, che viene così promosso come “civile”.
E mentre chi dalla guerra crea il proprio profitto occupa sempre più spazio fisico all’interno del mondo della formazione, si costruiscono infrastrutture metodologiche e ideologiche capaci di accogliere, normalizzare e promuovere l’escalation militare e la sua cultura. La retorica del merito e dell’umiliazione che permea scuole ed università, ampiamente rivendicata dal governo, e con essa i meccanismi di competizione e individualizzazione, svolgono un ruolo di controllo e disciplinamento militarista. La proposta di “mini naja”
promossa dal governo Meloni, i corsi di “Ginnastica dinamica militare” già attivati in alcune scuole, i bandi di concorso per entrare in accademie militari di prestigio indirizzati allə studentə delle scuole superiori, sono strumenti di addestramento ed arruolamento.

Nelle scuole di ogni ordine e grado, nelle università, nella ricerca, la guerra trova un nodo centrale per la sua produzione e riproduzione. Per questo negli ultimi anni abbiamo visto incrementare e continuare a crescere l’investimento di risorse formative, umane, tecniche ed economiche verso la proiezione militare nei luoghi della formazione, investiti in maniera massiccia dalle esigenze dell’escalation bellica a cui stiamo assistendo. Spesso le istituzioni locali, incentivano questo processo di militarizzazione e lo incentivano mettendo a disposizione spazi e mezzi, mentre si sottraggono risorse per l’accesso alla fruizione libera
della cultura e alla promozione di un’educazione al rispetto, all’uguaglianza e alla pace. Una delle sfide del presente, come studentə, genitorə, docenti e ricercatorə, è interrogarsi su come rintracciare la tendenza bellica a partire da questi contesti e come organizzarsi e cooperare per bloccarla e opporgli delle alternative.
Vorremmo discutere a partire da alcune domande a cui rispondere mettendo in dialogo le affinità e le specificità dei territori e delle diverse persone che attraversano i mondi della formazione:

  1. Quali forme di sciopero e blocco possiamo organizzare per disertare la cultura della guerra, la ricerca bellica e le forme di arruolamento sempre più pervasive negli ambienti formativi?
  2. Come possiamo ricostruire, desecretare e bloccare la filiera della ricerca militare e dei suoi saperi?
  3. Quali forme di attivazione possiamo costruire come genitori, docenti e studentə per ostacolare le relazioni tra mondo scolastico di tutti i gradi e mondo militare?
  4. Quali pratiche possiamo mettere in atto per impedire l’ingresso dei militari nelle scuole? Come possiamo rifiutarci di aderire a progetti o partecipare ad attività che mettono in connessione mondo scolastico e apparati militari?
  5. Come genitori e docenti quali alternative formative possiamo proporre, insieme allə studentə, già da infanzia e primaria e in quali modalità?
  6. Di quali spazi di discussione orizzontale, organizzazione e formazione alla cura e alla pace abbiamo bisogno? Come e con chi costruirli? Che ostacoli incontriamo e come superarli?
    Vorremmo porci collettivamente queste domande per trovare delle risposte radicate nei differenti territori e per immaginare pratiche di lotta e possibilità di attivazione verso una mobilitazione nazionale che possa porre le basi per bloccare l’escalation di guerra in ogni luogo e in ogni ambito delle nostre vite
    ».

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