Il Collettivo Antipsichiatrico “Antonin Artaud” presenta: “Il Rovescio della guerra. Psichiatria militare e terapia elettrica durante il Primo conflitto mondiale” di Marco Rossi. Sarà presenta l’autore e l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Ore 18.30 presso il Circolo Utopia, via San Lorenzo, 38
Degenerati, tarati, deviati, incorreggibili disfattisti con comportamenti criminali, antisociali per costituzione, senzapatria sono solo alcune delle definizioni con le quali venivano catalogate le malattie mentali dei soldati nella prima guerra mondiale.
Non è dato sapere quanti siano stati gli internati nei manicomi, di guerra e non, quanti i morti dopo essere stati sottoposti a trattamenti e “cure” disumane, non esistono statistiche ufficiali ma la stretta correlazione tra guerra e follia resta tra i fenomeni tanto accertati quanto poco studiati nella storia del secolo scorso.
Marco Rossi ha scritto un bel libro sulla psichiatria militare e la terapia elettrica durante la Prima Guerra Mondiale (il Rovescio della guerra edizioni Malamente) che verrà presentato a Pisa, dal collettivo antipsichiatrico A Artaud con la partecipazione dell’Osservatorio contro la Militarizzazione delle Scuole e dell’Università, Giovedi’ 26 Ottobre presso il Circolo Utopia in Via San Lorenzo 38.
Parliamo di un libro che dovrebbe essere presentato e discusso anche nelle scuole e negli Atenei perchè la ricerca sulla Prima Guerra Mondiale presenta considerazioni valide anche per i conflitti dei nostri giorni.
Allora prevalsero le classiche tesi della criminologia ottocentesca, per la quale doveva esistere una predisposizione genetica alla follia in nome della quale erano assunti comportamenti primitivi e antisociali tipici anche di paesi sottosviluppati e popoli primitivi.
A pensarci bene questa tesi viene ancora oggi edulcorata e rivisitata ogni qual volta si parla di popoli resistenti che disprezzerebbero il valore della vita vivendo al di fuori delle regole democratiche occidentali, la loro predisposizione al martirio e alla carneficina viene poi “giustificata” con una buona dose di pregiudizio antimusulmano.
Abbiamo letto decine di articoli atti ad analizzare, si fa per dire, i caratteri e le tradizioni di popoli visti con supponenza e con una grande dose di ignoranza e superficialità, ricorrere agli stereotipi resta l’arma vincente per negare la resistenza dei popoli e il loro diritto ad esistere.
Non si analizzano le fonti storiche o le cartine geografiche (utili per comprendere ad esempio l’espulsione di milioni di palestinesi dalle terre che hanno abitato per secoli), si arriva al paradosso di etichettare popoli e tradizioni per criminalizzarne una sorta di atavica cultura distruttiva dei valori occidentali.
Migliaia di contadini nella prima guerra mondiale furono scaraventati al fronte, si trovarono seppelliti nelle trincee, a stretto contatto con commilitoni morti, con i loro corpi putrefatti e ridotti a brandelli dalle bombe “nemiche”, costretti alla fame e al freddo, a vivere in condizioni disumane con ufficiali sempre pronti a inviarli ai plotoni di esecuzione e alla Corte Marziale in caso di proteste o diserzioni.
Una pagina della storia dimenticata , quella di proletari trasformati in soldati ignari della guerra e delle sue conseguenze.
Nei manicomi finirono anche centinaia di soldati del fronte avverso fatti prigionieri e subito deportati nelle istituzioni totali, un po’ come accadde ai prigionieri di guerra africani decimati nei viaggi a bordo delle stive di navi dai loro paesi ai campi di prigionia in Italia dove morirono in silenzio per svariate malattie .
Parliamo delle pagine coloniali che oggi vorrebbero esaltare nel nome della Patria e della civilizzazione a colpi di bombe chimiche lanciate dagli aerei italiani sulla inerme popolazione civile. Queste immane stragi non trovano spazio nella narrazione mainstream della “Grande Guerra” o delle eroiche battaglie coloniali che invece trovano grande spazio nelle celebrazioni ufficiali alla presenza di studenti e studentesse ignari dei fatti storici, volutamente tenuti all’oscuro di queste pagine vergognose della storia patria
Ma torniamo al testo di Marco Rossi, diffusa nel secolo scorso era la teoria della psichiatria ufficiale della predisposizione dei singoli per il sopraggiungere di malattie mentali e nervose in tempi bellici, solo nei decenni successivi iniziarono studi caratterizzati da ben altre basi scientifiche.
La psichiatria ufficiale si mise al soldo della Monarchia e del Fascismo con teorie giustificazioniste che mai vollero indagare il nesso tra Guerra e follia, tra miseria e emarginazione sociale da cui scaturirono innumerevoli patologie.
Anche nei tempi odierni non è facile riportare alla luce i fenomeni psiconevrotici derivanti dalla guerra perchè significherebbe squarciare quel velo di ipocrisia e di menzogne che accompagna da sempre la giustificazione dei conflitti bellici, del militarismo imperante che pervade il corpo sociale.
Le analisi della follia di guerra, un secolo fa, potevano essere quelle retoriche e compassionevoli del contadino senza cultura, senza coscienza nazionale, incapace di comprendere il sacrificio umano per la Patria.
Ma dietro ad ogni educazione militare si cela anche l’abolizione della volontà, l’assuefazione a logiche comportamentali improntate alla cieca obbedienza per “fabbricare e disporre di automi per la moderna guerra di macchine” .
I degenerati sono la piaga della società, degenerati erano del resto ribattezzati anche i giovani del sessantotto che protestavano contro la fabbrica fordista, il cottimo e una organizzazione produttiva alienante.
Se un tempo era condotta la schedatura bio psico fisica della reclute oggi gli strumenti a disposizione per individuare e punire le devianze sono assai più sofisticate e si avvalgono della costante propaganda mediatica a favore della guerra, di mera giustificazione delle ragioni occidentali o, nel caso mediorientale, israeliane. Non si arriva a giustificare ogni nefandezza con la necessità preservare la razza italiana ma si fa leva su altre narrazioni per giustificare la guerra e il militarismo con sociologi , psicologi e psichiatri convocati in pompa magna nelle televisioni in qualità di esperti.
Senza generalizzare o sottoporre al pubblico ludibrio intere categorie possiamo tuttavia asserire che le modalità propagandistiche con le quali si giustificano guerre e militarismi hanno subito continue evoluzioni ma pur sempre vengono interpellati tecnici e scienziati per giustificare narrazioni a senso unico nelle quali quasi mai viene indagato il nesso tra guerra e follia, guerra e devastazione, guerra e carneficine di popoli
. E’ sempre colpa di altri, di incalliti criminali, o di popoli predisposti al terrorismo, la storia passata non è stata fonte di insegnamento, se prima si ricorreva alle scosse elettriche oggi si fa largo uso di psico farmaci medicalizzando ogni malessere sociale.
E le teorie della psichiatria militare della Prima guerra mondiale furono utili anche negli anni successivi quando si dovevano fornire spiegazioni patologiche alle lotte del Biennio rosso, trasformando l’aspirazione a una società giusta e diversa come una sorta di conseguenza traumatica derivante da quanto accaduto pochi anni prima.
