Secondo il Documento Programmatico Pluriennale per la Difesa (DPP) per il triennio 2023-2025, i fondi accordati a due Ministeri, quello della Difesa e quello delle Imprese (Mimit) per l’acquisto di armi è pari a di 7,9 miliardi solo per il 2023. Ma, come anticipato, anche a mezzo stampa dal Ministro Guido Crosetto, l’anno corrente non vedrà un aumento esponenziale della spesa militare per i ristretti spazi di spesa, nei prossimi anni l’incremento sarà assai più sostenuto e indirizzato all’acquisto di nuovi sistemi di arma e all’ammodernamento degli esistenti: 8,1 miliardi nel 2024 e a 8,7 miliardi per il 2025.
I fondi destinati invece alle missioni militari all’estero crescono già nel 2023 di quasi il 10 per cento.
La spesa nel 2023 è di 1.547,5 milioni (era di 1.409,5 milioni del 2022). Nell’arco di 4 anni la spesa militare raggiungerà e supererà il 2 per cento del PIL obiettivo NATO fin dal 2014, ma fino ad oggi mai raggiunto per la crisi economica e per quella causata dalla guerra che ha decretato il rallentamento dell’economia italiana ed europea.
In estrema sintesi, possiamo individuare le prossime linee guida in materia di spesa militare in questo schema generale:
- aumento dei fondi destinati alle missioni internazionali;
- misure di sostegno al welfare e al reddito costruite ad hoc per gli appartenenti alle forze armate;
- incremento delle risorse economiche destinate all’ammodernamento dei sistemi di arma, acquisto di nuove armi e ordinazioni in aumento alle imprese nazionali o comunitarie;
- impulso alle attività di ricerca a fini militari secondo la classica definizione del dual use, tecnologia spendibile in campo civile e militare e per questo beneficiaria di molteplici finanziamenti pubblici;
- ricerca pubblica indirizzata a finalità sempre più improntate al dual use che beneficerà di crescenti sovvenzioni comunitarie.
Da ciò che emerge dai documenti programmatici del governo, in sostanza, appare evidente che ci prepariamo ad una società sempre più militarizzata. C’era una volta, infatti, la Carta Costituzionale e la scuola di Gianni Rodari. A determinare un cambio di strategia ci ha pensato l’emergenza terrorismo islamico che, sull’onda emotiva della “saga di Bin Laden” ha innescato l’aumento delle spese militari voluto da Washington e, infine, la militarizzazione del territorio e della scuola.
Segui qui l’intervista di Federico Giusti a La casa del Sole TV.
Federico Giusti, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università