Se questa non è militarizzazione: la scuola a servizio della sicurezza

Giovedì 18 dicembre, a Torino, nei pressi di Corso Regina Margherita 47, vengono chiuse due scuole in via precauzionale per motivi di ordine pubblico. L’avviso arriva alle scuole via mail alle 7.30 del mattino, senza alcun preavviso per studenti, studentesse, famiglie e personale scolastico, mentre all’esterno un ingente dispositivo di carabinieri, polizia, Digos e guardia di finanza è pronto a procedere allo sgombero del Centro Sociale Askatasuna. La motivazione addotta è quella dell’ordine pubblico.

Una situazione analoga si era già verificata il mese scorso a Bologna, in occasione della partita Virtus–Maccabi Tel Aviv quando, in concomitanza con la manifestazione “Show Israel the Red Card”, era stata ordinata la chiusura anticipata di alcune scuole presenti nella zona indicata come “zona rossa”.

In entrambi i casi la gestione dell’ordine pubblico – in via preventiva – ha comportato la sospensione di un servizio pubblico essenziale che in primo luogo lo Stato dovrebbe aver cura di garantire. Invece, la chiusura delle scuole avvenuta il 18 dicembre ha coinvolto non solo lavoratrici e lavoratori, ma anche studentesse e studenti colpendo centinaia di minori.

Il ministro dell’Interno ha dichiarato sui social “non ci deve essere spazio per la violenza nel nostro Paese“, collegando lo sgombero alle proteste davanti alla sede Leonardo SpA e all’attacco alla redazione La Stampa, col chiaro intento di colpire ancora una volta il movimento contro la guerra e a sostegno della Palestina.

Negare il diritto allo studio in nome della repressione e della sicurezza, militarizzare un quartiere con idranti e numerosi dispositivi repressivi, anche sotto gli occhi di bambine e bambini, significa agire violenza istituzionale e utilizzare la chiusura di un servizio pubblico come leva per disciplinare il conflitto.

Come comunità educante invitiamo a riflettere su dove risieda realmente la violenza: in chi protesta contro la guerra e il riarmo o in chi organizza una mise en place repressiva che mette la sicurezza preventiva davanti ai diritti?

Fulvia Difonte, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università


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