Per tutti coloro che hanno a cuore la pace e la smilitarizzazione dei territori, per quella società civile che ha manifestato davanti al tribunale di Cagliari, per quell’intero movimento antimilitarista che si è espresso con cortei e sit-in contro i poligoni militari, ricavandone in vari casi pesanti quanto assurde denunce, ieri 16 giugno in tarda mattinata è arrivata una bella notizia (qui la notizia de Il Fatto Quotidiano) dalla Camera di Consiglio del processo che vede come imputati cinque generali responsabili delle esercitazioni militari nel poligono di Capo Teulada, centrale nelle recenti prove di guerra NATO in Europa: malgrado più tentativi di archiviazione il processo si farà.
Nel dicembre 2019 Il pm Emanuele Secci aveva chiesto l’archiviazione del fascicolo ancora in fase d’indagine, ma il Gip Alessandra Tedde (agosto 2021) ha respinto la richiesta e deciso l’imputazione coatta per disastro ambientale di cinque generali Giuseppe Valotto, Claudio Graziano, poi a capo del Comitato militare dell’Unione europea; Danilo Errico, Domenico Rossi, e Sandro Santroni, e la prosecuzione delle indagini per l’ipotesi di omicidio colposo plurimo; in sede di udienza preliminare lo scorso 23 settembre il non luogo a procedere è stato di nuovo chiesto dal pm Secci ma, come abbiamo visto, il giudice Giuseppe Pintori ha deciso diversamente, fissando l’apertura del dibattimento per il 25 gennaio 2024 (qui l’articolo de L’Unione sarda).
L’inchiesta iniziò nel 2012 in seguito alle denunce di residenti che riportavano insorgenze di patologie come linfomi e neoplasie riconducibili alla vicinanza del poligono. Il nesso causale tra malattie e inquinamento militare fu negato, ma emerse un quadro allarmante di danni ambientali, mancate bonifiche, abbandono incontrollato di ordigni bellici tra migliaia di crateri che devastano il suolo, disseminazione di inquinanti chimici e radioattivi. Eppure malgrado i dati allarmanti il pm ha chiesto il non luogo a procedere, definendo una parte del poligono, la penisola Delta (denominazione militare del promontorio che è l’estrema punta meridionale di Capo Teulada) di fatto “zona interdetta”. Non esiste però nessuna legge o provvedimento che l’abbia dichiarata tale, al contrario, esiste invece l’obbligo (DM 2009) per i corpi militari di portare via i resti degli ordigni dopo le esercitazioni.
Alle aporie giuridiche si sono aggiunte altre contraddizioni: per quale motivo, nello scorso dicembre, il Comando Militare Esercito Sardegna ha presentato, sul portale Sardegna Ambiente della Regione Sardegna, una Valutazione di Incidenza Ambientale (VINCA) finalizzata ad una bonifica della penisola Delta sino a quel momento dichiarata imbonificabile?
La risposta (inaccettabile) è contenuta nello stesso documento a p. 8, dove si dichiara che l’intento è quello di «ripristinare le condizioni della penisola Delta per consentire il normale transito in sicurezza e l’utilizzo futuro dello stesso quale zona bersaglio per arrivo colpi».
In palese contrasto con l’inclusione della penisola Delta nella zona SIC (Sito di interesse comunitario, codice ITB040024) dove sarebbe prevista la tutela della biodiversità, della flora, fauna e degli habitat naturalistici.
Varie associazioni che hanno dedicato attenzione a tale piano di VINCA hanno osservato (vedasi anche il convegno organizzato da Italia Nostra e altri: La protezione dell’ambiente all’interno delle aree militari: il caso della penisola “Delta” del Poligono di Capo Teulada svolto a Cagliari il 14 gennaio 2023) come questo risulti del tutto inadeguato ad affrontare l’inquinamento e il volume dei detriti militari accumulatisi in decenni di intensa attività militare a fuoco (non è prodotta una previsione dei quantitativi da asportare, i dati sull’inquinamento e sui campionamenti effettuati risultano ampiamente incompleti, incluso i dati sull’inquinamento radiologico, sono previsti procedimenti esclusivamente gestiti dalla sfera militare, per citare solo alcune delle criticità del piano). Eppure solo dal 2008 al 2016 sono stati sparati sulla Penisola “Delta” circa 860mila colpi per circa 556 tonnellate, e sono stati lanciati 11.785 missili M.I.L.an, ordigno che utilizzava come tracciante un isotopo radioattivo del Torio che durante il lancio viene disperso in atmosfera sotto forma di polveri ultrafini. Manca qualsiasi riferimento alla bonifica delle aree marine, e tutto ciò malgrado l’Unione Europea abbia già avviato una procedura d’infrazione per il mancato rispetto della zona SIC.
La stessa Corte dei Conti a fronte della gravosa multa che sarebbe accollata allo Stato dall’Unione Europea sollecita una realizzazione delle bonifiche con modalità “maggiormente proattiva”.
Pertanto la decisione del giudice Pintori sembra contraddire l’aura d’impunità garantita ai quadri delle forze armate per quanti sfregi possano produrre all’ambiente e alle condizioni di vita (e morte) della popolazione. Una vasta opinione pubblica pacifista antimilitarista ambientalista seguirà con attenzione gli sviluppi di questo processo.
Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole, Cagliari.