La prassi è consolidata e ripetuta nel tempo: languono i finanziamenti statali per l’università pubblica e i Rettori, in accordo con il Ministero, stipulano accordi con le Forze armate, lasciando spazi sempre maggiori alle aziende militari dentro le facoltà: esperienze della Marina Militare e del Politecnico di Bari unite per formare gli ingegneri navali del futuro; corsi organizzati dal Poliba a Taranto sono aperti a militari e civili che potranno acquisire una formazione unica da spendere anche sul mercato internazionale.
Mancano i ricercatori e i docenti? “Personale militare qualificato in qualità di docente alle attività formative svolte dall’Università Iuav di Venezia”
Non ci sono opportunità di stages dei laureandi nelle aziende? Mancano laboratori nelle facoltà perchè da anni si investe poco o male in formazione e percorsi didattici? “Gli studenti dell’Ateneo avranno la possibilità di svolgere tirocini curricolari presso le strutture della Marina Militare”
Invece di sviluppare interazioni tra Atenei, questi ultimi si sono messi in competizione per accaparrarsi studenti in accordo con le istituzioni locali. Una logica di mera competizione tra Università, invece di favorire percorsi di sviluppo e collaborazioni diffuse, da qui nasce il patneriato tra Università e Forze armate.
E non mancano obiettivi ambiziosi che mettono d’accordo Enti locali, imprenditorialità e mondo accademico. Da anni assistiamo a tagli continui agli Enti locali e non saranno le assunzioni e i finanziamenti a tempo per raggiungere gli obiettivi del PNRR a invertire il declino e questa tendenza al contenimento di spesa.
Si parla infatti di “rigenerazione, valorizzazione e restauro dell’Arsenale di Venezia e sui possibili usi dei suoi spazi” magari da destinare a qualche associazione legata alle Forze armate e in un colpo solo si risparmiano anche i soldi destinati al pagamento di addetti ai musei che per altro sono sovente sottopagati con contratti sfavorevoli e in part time.
Un’operazione ideologica e politica ambiziosa , la militarizzazione dei territori e delle istituzioni universitarie avviene in cambio di presunti vantaggi per la comunità proprio nel nome di quella valorizzazione e rigenerazione che sottrae alle comunità locale ogni spazio di confronto sugli scopi e sulle finalità perseguiti da questi accordi che poi in molti casi contribuiscono a svilire e mal pagare le professionalità acquisite o cedono la gestione di luoghi pubblici a uso e consumo del militarismo.
Esistono decine di accordi tra Marina Militare e Università, (clicca qui per Tuscia e qui per Sassari).
E non poteva mancare la Fondazione Leonardo e il suo attivo protagonismo nel concludere accordi con il mondo accademico, non siamo certo davanti a un interesse per combattere inquinamento dei corsi d’acqua o favorire magari attività di pesca nel rispetto dell’ambiente. Leggiamo testualmente: «È in questa prospettiva che nasce “Le Università per il Subacqueo”. Un progetto che coinvolge il mondo accademico e scientifico a livello nazione con l’obiettivo innanzitutto di diffondere e promuovere la cultura del subacqueo, mettendo a conoscenza del grande pubblico la ricchezza in questo campo delle competenze scientifiche e delle attività di ricerca delle nostre Università. Ciò anche attraverso iniziative con il mondo accademico, universitario e il sistema educativo nazionale volte a favorire il coinvolgimento delle nuove generazioni verso una dimensione strategica, che richiederà sempre più competenze multidisciplinari e altamente qualificate»
Non si dice che da tempo le ricerche militari sono rivolte proprio ai mari, che acquistano nella odierna geopolitica un ruolo strategico tanto che una prestigiosa rivista ha già studiato l’argomento.
A forza di cercare notizie sul web vengono fuori notizie preoccupanti che dimostrano l’interesse morboso delle industrie di armi e delle Forze armate verso atenei e le problematiche ambientali per completare quel processo di militarizzazione che afferma l’avvento della precarietà lavorativa e della mera subalternità della ricerca a fini di guerra.
E intanto escono le linee guida e l’atto di indirizzo della Difesa sotto l’egida del Ministro Crosetto, un deciso salto di qualità che amplia le iniziative delle forze armate nella società, estrapoliamo a tal riguardo solo un piccolo passaggio: «Divulgare la consapevolezza che gli investimenti in ricerca e sviluppo nel
settore risultano fecondi non solo per la Difesa, ma anche per il sistema paese in termini di incremento dei livelli occupazionali, di sviluppo complessivo del sistema industriale, di leadership tecnologica, di incremento della crescita e dunque delle entrate. Promuovere un percorso di comunicazione che valorizzi al massimo le capacità della Difesa che potrebbero essere oggetto di collaborazione con le altre agenzie statali:
- funzioni industriali;
- funzioni sanitarie;
- funzioni formative;
- funzioni giurisdizionali;
- funzioni di ricerca, sviluppo e innovazione;
- funzioni in concorso.
Sfruttare la comunicazione istituzionale per far conoscere l’entusiasmo, la passione, e la dedizione – in sintesi i valori – che caratterizzano l’agire e l’essere del personale della Difesa». (Atto di indirizzo per l’avvio del ciclo integrato di programmazione della performance e di formazione del bilancio di previsione per l’E.F. 2024 e la programmazione pluriennale 2025-2026).
Chiudiamo infine con la conferenza stampa della Cub e del Comitato pisano No Camp Darby davanti all’ateneo pisano, conferenza stampa per illustrare la richiesta di documentazione sui rapporti tra Ateneo e settore militare. L’Uni-Pi deve fare chiarezza sui rapporti intercorrenti fra università e industria bellica – l’interferenza (linterferenza.info). Auspichiamo che l’iniziativa possa essere intrapresa in ogni città universitaria del paese.
Federico Giusti, CUB per Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università