Difesa: volontari in ferma in calo. Generazione Z veste la mimetica nel reality “La Caserma”

In questi giorni è finita la seconda edizione del reality televisivo “La Caserma 2“, la prima puntata domenica 20 novembre è stata seguita da 766.000 spettatori per uno share del 3.8%, molto meno della puntata di debutto nel 2021 quando registrò 2.268.000 spettatori e il 9.9% di share. (1)

Curiosa di conoscere le impressioni di chi lo ha seguito sono andata alla ricerca di commenti sui social network. Ho trovato una pagina dedicata e per un giorno intero ho letto aneddoti e nozioni specifiche. Gli scambi non sono diventati mai scontro, anche in caso di opinioni divergenti e questo ha facilitato la mia lettura.

Ricorre nei commenti l’auspicio che venga ripristinata la naja per i giovani di oggi, per raddrizzarli; luogo comune che non mi trova d’accordo, ma non mi ha scandalizzata, so bene quanto questo argomento generi ancora divisioni tra gli italiani.

Chi ha svolto regolarmente il servizio di leva, quando era obbligatorio, ha definito il programma una pagliacciata, una offesa, una barzelletta tipo i film trash anni ’80; il C.A.R. (Centro Addestramento Reclute) era tutt’altra cosa. Gli istruttori nel reality sono militari veri e questo li ha lasciati interdetti. Qualcuno ha scritto di provare nostalgia per quella esperienza, che ha permesso a tanti di apprendere un mestiere utile dopo il congedo, e ha reso possibile che persone di differente estrazione sociale, scolarizzazione e provenienza geografica si incontrassero e vivessero a stretto contatto. Impensabile prima di allora.

Chi a suo tempo è stato riformato, per un problema di salute o per esubero di coscritti, ha commentato riguardo al rispetto delle regole, delle persone e delle cose, che si apprende molto prima dei 18 anni e non sta a una organizzazione armata impartire. Contrari al ritorno di una leva obbligatoria, che riporterebbe indietro la mentalità popolare e la vergogna per chi non sia ritenuto idoneo, è visto come un diverso dalla comunità di appartenenza. Meglio che a vestire le divise siano volontari motivati e poi militari di professione.

Poi c’è chi ha condiviso nel gruppo immagini e brevi video del Sergente Maggiore Hartman dal film Full Metal Jacket, suggerendo un atteggiamento simile verso i/le concorrenti.

Nei reality non c’è nulla di autentico.

Si accede per selezione, si firma un regolamento per partecipare, ci sono telecamere ovunque, quello che viene trasmesso in tv è il montaggio di una minima parte dei filmati a disposizione. Si scrivono copioni, contratti pubblicitari, è previsto un target di destinazione.

Perché finanziare un reality in mimetica?

Pare che questo format prenda spunto dal britannico Lads’ Army (Esercito dei ragazzi) andato in onda dal 2002 al 2006. Il programma prevedeva la partecipazione di giovani di età compresa tra 18 e 26 anni in un contesto che riproduceva gli usi e i costumi del 1950, e ha inserito tra le reclute operai, commercianti, studenti, disoccupati ma anche in accordo con i tribunali ragazzi che avevano commesso reati penali.

Non è una novità che l’apparato simbolico militarista si affianchi e si confonda all’offerta mediatica e commerciale su larga scala. Questi ragazzi e ragazze che prendono parte a un reality, o che si regalano per Natale una escursione su un carro armato vero come accade nella zona di Lecco, io stessa che con gli amici vorrei fare delle partite a softair con le vernici colorate, e le esperienze che legano sport e avventura, come il rafting o il paracadutismo non hanno niente di male in loro stesse.

Quello che dovrebbe spaventare è che non riusciamo a fermare le guerre. Oltre che a combattere dovremmo esercitarci alla nonviolenza, diventare abili mediatori, invertire la rotta.

Riporto qui testualmente alcune parti di due audizioni tenute nella IV Commissione (Difesa) della Camera dei Deputati per l’Indagine conoscitiva sullo stato del reclutamento nelle carriere iniziali delle Forze Armate, anno 2019.

Sulla difficoltà nel reclutamento volontario e l’invecchiamento del personale graduato, nelle parole del Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, Gen. C. A. Salvatore Farina (14 maggio 2019): «[…] Per il reclutamento nelle carriere iniziali del personale militare dell’Esercito occorre intraprendere con immediatezza concrete iniziative volte a garantire il superamento di alcune criticità che si sono manifestate negli ultimi anni. L’obiettivo è quello di recuperare l’appeal verso le carriere iniziali nella Forza armata, e direi nelle Forze armate, salvaguardando lo standard operativo necessario ad assolvere con pieno successo tutti i compiti istituzionali che sono assegnati a noi». «Nell’ambito dei graduati un’ampia presenza di personale over-40, oggi circa 15.200 graduati in servizio permanente, cioè il 36 per cento sul numero complessivo di 41.330, con la previsione di raggiungere in assenza di provvedimenti ad hoc la soglia di ben 32.000 over-40, cioè il 77 per cento del personale previsto nel ruolo nei prossimi sei anni, cioè entro il 2025. Ciò rende necessaria un’approfondita riflessione sull’opportunità di prevedere che una congrua aliquota di personale anziano possa essere posto, ai fini del computo delle dotazioni organiche, sebbene anche transitoriamente, in posizione extra numerica. L’elevata età media dei graduati appare, infatti, in antitesi con la professione delle armi caratterizzata, come noto, da uno stress psicofisico particolarmente elevato, visto che il soldato deve operare in scenari caratterizzati da condizioni climatiche avverse, a volte estreme, che richiedono idoneo profilo sanitario. Se a un giovane di vent’anni o di venticinque anni, si possono chiedere una turnazione e uno stress conseguenti all’impiego operativo assai frequente e assai importante, è più difficile chiederlo a un padre di famiglia, a una madre che ha 40-45 anni e con dei figli. […] Nel corso degli anni successivi si è, però, registrato un progressivo e significativo contenimento di tale volume, che è stato ridotto per l’Esercito prima a 100.211 unità a seguito della cosiddetta spending review, operata con la legge n. 135 del 2012, e poi a 89.400 sulla base della legge n. 244, sempre del 2012, obiettivo da conseguire entro il 31 dicembre del 2024. Si tratta di una contrazione complessiva di 22.600 unità in poco più di dodici anni, a fronte di un trend invece nettamente positivo per il personale delle Forze di polizia, inclusa l’Arma dei carabinieri».

Si registrano meno volontari VFP1 e i candidati sono soprattutto italiani meridionali, nelle parole del Direttore Generale del Personale Militare (PERSOMIL), Ammiraglio di Squadra Luciano Ricca (16 gennaio 2019): «[…] La partecipazione ai concorsi è elevata per tutte le categorie del personale. Tuttavia, mentre nei ruoli degli ufficiali e dei sottufficiali, dei graduati e dei volontari in ferma prefissata quadriennale i soggetti che superano le fasi concorsuali sono in numero superiore rispetto ai posti disponibili, nel reclutamento dei volontari in ferma prefissata di un anno (i cosiddetti VFP1) si registra, negli ultimi anni, la mancata copertura di parte dei posti messi a concorso, fenomeno che assume rilievo significativo per l’Esercito, soprattutto a partire dal 2016. Per quanto attiene ai flussi di reclutamento dei volontari in ferma prefissata, sulla base dei dati disponibili e ripartendo i candidati per regione di origine, emerge che circa il 70 per cento dei giovani che aspirano a far parte della compagine militare proviene dal Mezzogiorno. In particolare, nel triennio 2016-2018 si rilevano elevate percentuali di candidati residenti in Sicilia, Campania e Puglia. Tale polarizzazione nella fonte di alimentazione ha come fisiologica conseguenza che la maggior parte dei vincitori sarà chiamata a svolgere il servizio in una regione diversa da quella di provenienza, stante la dislocazione dei reparti e degli enti sull’intero territorio nazionale. Per completezza, si evidenzia che nel 2017 la percentuale media delle domande presentate dalla componente femminile è stata di circa il 14 per cento. […] Analizzando i dati relativi alle tre Forze armate, risulta che il gap, come accennato in precedenza, ha interessato principalmente l’Esercito, che deve assicurare l’ingresso di circa 8.000 unità all’anno, pari circa al 75 per cento del totale del fabbisogno. Le esigenze di reclutamento della Marina e dell’Aeronautica sono, rispettivamente, circa 1.950 e 800 unità all’anno. Nel 2018, Marina e Aeronautica, a seguito della richiesta formulata dallo stato maggiore dell’Esercito e soddisfatte le proprie esigenze di reclutamento, hanno espresso l’assenso all’incorporazione nell’unità dell’Esercito dei candidati risultati idonei non vincitori nelle rispettive procedure di reclutamento, sempre con il consenso dell’interessato. In altre parole, coloro che non potevano essere incorporati nella Forza armata di richiesta, se erano d’accordo, potevano andare a ricoprire le carenze dell’Esercito. Però, i numeri sono tali che hanno soddisfatto una parte veramente marginale di tale esigenza, tant’è vero che nell’Esercito la carenza di unità è rimasta elevata».

Maria Pastore, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università

Un pensiero riguardo “Difesa: volontari in ferma in calo. Generazione Z veste la mimetica nel reality “La Caserma”

Rispondi