Il sei marzo scorso, a Bruxelles, il Consiglio europeo dei capi di Stato e di governo ha approvato ufficialmente ReArm Europe, il piano per il riarmo europeo da 800 miliardi di euro per potenziare la difesa comune. 800 miliardi che saranno sottratti alle spese sociali (sanità, scuola, trasporti…), nonostante le difficoltà economiche che oggi attraversano le maggiori potenze continentali. Di più, il riarmo è indicato anche come un credibile volano, grazie alla cooperazione fra capitale pubblico e privato, per lo sviluppo economico europeo.
Hadja Lahbib, Commissaria europea per la gestione della crisi, con un sorriso inappropriato rispetto al contesto, ha addirittura indicato in un video “quello che viene chiamato un kit di resilienza, in modo che tutti i cittadini siano pronti a resistere e a essere strategicamente autonomi per almeno 72 ore”.
Carmine Masiello, Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, ha dichiarato che per sostenere un conflitto ad alta intensità servirebbero oltre 40.000 donne e uomini in più per l’esercito; Giuseppe Cavo Dragone, ex Capo di Stato maggiore della Difesa, ha affermato che con 170.000 effettivi le forze armate italiane sono “al limite della sopravvivenza”; meno radicale Enrico Credendino, Capo di Stato Maggiore della Marina Militare, che si accontenterebbe, bontà sua, di avere in organico solo altre 9.000 unità.
Come negli anni che precedettero la prima guerra mondiale, tanti, troppi, intellettuali stanno assecondando questa escalation bellica. C’è chi ribadisce la superiorità intellettuale/culturale del mondo occidentale (roba da far impallidire persino le teorizzazioni del Darwinismo sociale) e chi si rammarica nel vedere una gioventù europea incline alle “mollezze” e, quindi, poco disponibile alla guerra.
Dopo la prima guerra mondiale venne scritto, da J. Benda, “Il tradimento dei chierici”; a quasi cento anni di distanza dobbiamo stare zitti di fronte a una corporazione intellettuale che subordina riflessioni e pensieri alle logiche e agli interessi dei gruppi di potere dominanti? Riprendiamo la parola, a partire dalle scuole e dalle università, perché il mondo della ricerca e della cultura diventi un argine al bellicismo imperante.
Impediamo che ragazze e ragazzi siano quotidianamente oggetto della propaganda militare, facciamo vivere nei processi didattici la bellezza dell’educazione alla pace, perché la nostra Costituzione ripudia la guerra. Ma, soprattutto, perché solo degli irresponsabili verso l’intera umanità, possono essere tanto indifferenti di fronte ai conflitti da auspicarli e prepararli.
Basterebbe fare tesoro degli insegnamenti di I. Kant: «Se per decidere – se debba esserci o no la guerra – viene richiesto il consenso dei cittadini, allora la cosa più naturale è che, dovendo decidere di subire loro stessi tutte le calamità della guerra: il combattere di persona; il pagare di tasca propria i costi della guerra […] rifletteranno molto prima di iniziare un gioco così brutto. Al contrario, invece, in una costituzione in cui il suddito non sia cittadino, decidere la guerra è la cosa sulla quale si riflette di meno al mondo, poiché il sovrano non è il concittadino, ma il proprietario dello Stato, e la guerra non toccherà minimamente i suoi banchetti, le sue battute di caccia».
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Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università

[…] «Il sei marzo scorso, a Bruxelles, il Consiglio europeo dei capi di Stato e di governo ha approvato ufficialmente ReArm Europe, il piano per il riarmo europeo da 800 miliardi di euro per potenziare la difesa comune. 800 miliardi che saranno sottratti alle spese sociali (sanità, scuola, trasporti…), nonostante le difficoltà economiche che oggi attraversano le maggiori potenze continentali. Di più, il riarmo è indicato anche come un credibile volano, grazie alla cooperazione fra capitale pubblico e privato, per lo sviluppo economico europeo. […] Come negli anni che precedettero la prima guerra mondiale, tanti, troppi, intellettuali stanno assecondando questa escalation bellica. C’è chi ribadisce la superiorità intellettuale/culturale del mondo occidentale (roba da far impallidire persino le teorizzazioni del Darwinismo sociale) e chi si rammarica nel vedere una gioventù europea incline alle “mollezze” e, quindi, poco disponibile alla guerra. […] Impediamo che ragazze e ragazzi siano quotidianamente oggetto della propaganda militare, facciamo vivere nei processi didattici la bellezza dell’educazione alla pace, perché la nostra Costituzione ripudia la guerra. Ma, soprattutto, perché solo degli irresponsabili verso l’intera umanità, possono essere tanto indifferenti di fronte ai conflitti da auspicarli e prepararli»…dal Bollettino n. 3 dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università. […]