I Corpi Civili di Pace: alcune note esplicative di Alfonso Navarra, Disarmisti Esigenti

Dal sito delle politiche giovanili facente capo al Ministro per lo Sport e i Giovani, Andrea Abodi: «L’istituzione dei Corpi Civili di Pace rappresenta una novità quasi assoluta nel panorama europeo e mondiale, è infatti possibile rifarsi solo parzialmente ad altre esperienze. (…) Con la legge 230/98, in Italia, era stato istituito il Comitato di difesa civile non armata e nonviolenta, nell’ambito della legge di riforma dell’obiezione di coscienza, la cui attività è cessata il 31 dicembre 2011 (art.12, comma 20 del decreto legge 6 luglio 2012 n.95, spending review). Nel 2011, nell’ambito del Servizio Civile Nazionale, è stato realizzato in Albania il progetto sperimentale di ricomposizione dei conflitti: “Caschi Bianchi oltre le vendette”, promosso congiuntamente dal Centro di Ateneo per i Diritti Umani e dal Servizio Valorizzazione del personale dell’Università di Padova, dall’Associazione “Comunità Papa Giovanni XXIII, da Caritas italiana e dalla FOCSIV, in collaborazione con la Conferenza Nazionale Enti Servizio Civile (CNESC). Questo progetto, unitamente ad alcune esperienze tedesche e argentine, ha rappresentato l’unica esperienza concreta di costruzione della pace in Europa».

È ormai entrata nella fase operativa la sperimentazione di un contingente di Corpi Civili di Pace, prevista dall’articolo 1, comma 253, della legge 27 dicembre 2013, n.147, da impegnare in azioni di pace non governative in aree a rischio di conflitto – ovvero già in conflitto – o in caso di emergenze ambientali. Il provvedimento ha stanziato 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016 ed ha stabilito che l’organizzazione del contingente fosse disciplinata da un Decreto ministeriale.

La sperimentazione prevede complessivamente l’impiego di 500 giovani e il 25 maggio 2023 è stato pubblicato il terzo Bando per la selezione di 153 operatori volontari da impiegare nei progetti per i Corpi civili di pace da realizzarsi in Italia e all’estero.

Un CCP europeo alle dipendenze formali di Guterres, ma con indipendenza strategica e operativa. Questo per evitare di condividere l’analisi delle minacce, con definizione di Russia e Cina praticamente come «nemici», e l’urgenza di aumentare le capacità militari (il 2% del PIL per attrezzarsi a combattere guerre ad alta intensità). È da tenere presente che è stata presentata al PE, in merito, una interrogazione a risposta scritta, che ha avuto una risposta da parte della Commissione Europea: «l’UE è pienamente impegnata a rafforzare i legami tra la PDSC civile e le altre strutture del SEAE, in collaborazione con i progetti degli Stati membri, per rendere operativo l’approccio integrato ai conflitti e alle crisi esterne». C’è quindi l’esplicito interesse a integrare la componente civile all’interno della PSDC della UE.

La base di questa integrazione, purtroppo, è la «bussola strategica» e la «Dichiarazione congiunta UE/NATO». Il problema è quello di non fare diventare un abbraccio mortale questo interesse… di qui la sottolineatura dell’indipendenza del CCP.

Noi chiediamo dopo il voto di giugno 2024 l’istituzione di una commissione di esperti che elabori una raccomandazione per le istituzioni europee. Proponiamo anche un Centro internazionale a Gorizia, come da convegno recentemente svolto da Pax Christi.

Il criterio centrale di Langer (si veda l’articolo «L’Europa nasce o muore a Sarajevo») è: contrastare l’esclusivismo etnico, sostenere la convivenza con eguali diritti. «Perché non organizzare almeno una parte del volontariato in corpo civile europeo di pace? (La UE dovrebbe istituirlo) per svolgere – sotto una precisa responsabilità politica – compiti civili di prevenzione, mitigazione e mediazione dei conflitti, attraverso opera di monitoraggio, dialogo, dispiegamento sul territorio, promozione di riconciliazione o almeno di ripresa di contatti o negoziati, ecc»

Si tratta di: ristabilire il valore del diritto evitando leggi nell’interesse del più forte; offrire l’integrazione nell’Europa; sostenere i dialoganti e i disertori del conflitto, cui concedere asilo politico; agire per prevenire nuovi conflitti.

Dopo la proposta Langer abbiamo avuto, valutato molto positivamente da Tonino Drago, il rapporto Clark-Dudouet; ed ancora la recente interrogazione, con risposta della Commissione, segnalata da GianMarco Pisa. La proposta MEAN, di esplicito sostegno alla resistenza armata ucraina, non è assimilabile all’esigenza a suo tempo prospettata da Langer di una operazione di polizia internazionale a Sarajevo, per impedire un genocidio in atto contro una popolazione inerme.

Un primo progetto che potrebbe essere adottato e lanciato dalla Commissione del PE è quello delle scorte disarmate che aiutino i contadini palestinesi nella raccolta dei frutti dell’agricoltura. (Già esistono esperienze in tal senso).

Alcuni generali tedeschi la posero come alternativa al «first use» nel quadro della guerra nucleare limitata al teatro europeo. Ci si fa occupare e poi la si fa pagare all’occupante: quindi resistenza armata ma non in forma di guerra.

La Nonviolenza non è solo tecniche, ma trasformare il «nemico» in «amico» (riferito ai conflitti tra gruppi umani): questo sarebbe il vero modo di «vincerlo». Per questo non devono essere di complemento agli interventi militari e soprattutto dipendenti di governi impegnati nello scontro di potenza, di cui le loro politiche estere e militari sono uno strumento. Ecco quindi la soluzione di metterli a disposizione del segretario generale dell’ONU nel vario tipo di missioni in cui l’organismo internazionale è impegnato. Non dimentichiamo che sia ONU che UE che Italia hanno costituzioni pacifiste. Poi ci sono i poteri particolari che lavorano a determinare gli «stati di eccezione» in cui le regole non valgono.

Tuttavia, non va data per scontata la sua inefficacia in caso di conflitto armato. Bisogna sempre ricordare che per il più debole molto spesso «la miglior difesa è la fuga». Inoltre, il debole intelligente può diventare forte se sa trascinare l’avversario sul terreno a lui più congeniale. Si può oggi immaginare una Nonviolenza che affianchi una resistenza armata in forma di guerriglia. Non si può più accettare la forma bellica, che finisce per distruggere il bene che si vuol conservare e mette a repentaglio l’esistenza stessa dell’umanità. Tutti i conflitti oggi andrebbero comunque considerati come i battibecchi dei capponi di Renzo: la Natura si sta vendicando della nostra civilizzazione insostenibile e ci sta conducendo tutti in pentola.

La pace è il lavorare insieme sull’obiettivo comune della prosperità sostenibile, evitando la «vendetta di Gaia». Va bene litigare tra partners, ma che sia solo sulle direttive che regolano la lunghezza delle zucchine! Questa consapevolezza della terrestrità è la base del «metodo che trascende». Pensiamo solo alla Palestina contesa, destinata a finire tutta sott’acqua, grazie all’innalzamento inesorabile del livello dei mari!

Già oggi la società pacifica ha i suoi punti di forza, infatti il diritto internazionale è nato per «liberarsi dal flagello della guerra» (E Guterers ha chiesto di motivare il veto davanti all’Assemblea generale…). Esistono Stati senza esercito come il Costarica + 5 (altri 15 sono sotto protezione di potenze armate più forti); Stati con solo armi difensive, come molti Paesi del Sud del mondo; esistono rivoluzioni nonviolente, anticoloniali e contro regimi oppressivi, vittoriose. La conoscenza di queste realtà è importante, ma la formazione riguarda soprattutto un equilibrio tra capacità intellettive strategiche e intelligenza del cuore, coraggio, empatia, ancoramento ai bisogni autentici della vita, includente la dimensione «animale» della specie umana, non solo quella culturale.

Ci sono stati diversi casi nella storia in cui le rivoluzioni nonviolente hanno avuto successo. Alcuni esempi notevoli includono:

•India: La lotta per l’indipendenza dell’India, guidata da Mahatma Gandhi, è l’esempio massimo di una rivoluzione nonviolenta che ha portato alla liberazione anticoloniale di un popolo.

•Paesi dell’Est: Dopo l’arrivo di Gorbaciov, i popoli dell’Est, oppressi dalle dittature di un «socialismo reale» sclerotizzato, hanno prodotto un cambiamento epocale nella vita dei popoli, dei paesi e degli Stati, senza subire sostanzialmente perdite umane.

•Si è parlato di «rivoluzioni arancione» ispirate dai manuali di Gene Sharp. Quella tipica è avvenuta proprio in Ucraina.

•Nei Paesi arabi le rivoluzioni nonviolente hanno avuto successo solo in Tunisia.

•Italia: Anche in Italia, durante il periodo del nazifascismo, ci sono stati esempi di resistenza nonviolenta.

Questi sono solo alcuni esempi. La nonviolenza è stata utilizzata come strumento di resistenza e cambiamento in molte altre situazioni storiche. Sottolineiamo che la nonviolenza non è solo l’assenza di violenza, ma un modo attivo e costruttivo per gestire i conflitti.

I formatori e coordinatori principali non possono essere accademici cresciuti su studi libreschi e addestrati dai giochi baronali di creazione di cordate e carriere. Le funzioni fondamentali sono 4:

•A) interposizione (ad es. gruppi di accompagnamento, scorte disarmate)

•B) mediazione (promozione del dialogo tra gruppi in contrsato)

•C) comunicazione (accertamento dei fatti veri per scongiurare il ruolo nefasto dei boatos)

•D) invenzione diplomatica (es. L’Abate con Tareq Aziz per la proposta del ritiro dell’Iraq dal Kuwait).

Alfonso Navarra, Disarmisti Esigenti

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