Intervista a Paola Rivetti su «Il Manifesto» sui rapporti tra università italiane e israeliane

Una parte dell’università italiana non si piega alla logica di guerra, anzi la combatte a partire dagli atenei. È quanto emerge dall’intervista su Il Manifesto alla docente Paola Rivetti sulla petizione (ad oggi oltre 4 mila le adesioni) lanciata dal mondo accademico perchè l’Italia interrompa ogni rapporto con le università israeliane (qui il link dell’intervista).

Ne riportiamo due passaggi che chiariscono anche il punto di vista dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, che ha lanciato la petizione per chiedere le dimissioni dei Rettori/Rettrici delle università statali italiane dalla Fondazione Med-Or/Leonardo SpA. Non si tratta di demonizzare il mondo universitario israeliano, ma di denunciarne le complicità con il sistema che ha portato alla mattanza di Gaza con la uccisione di 15 mila civili in meno di due mesi.

Afferma Paola Rivetti: «L’appello riflette la necessità morale di una parte consistente dell’università italiana di non rimanere in silenzio di fronte alle violenze in Palestina e Israele, chiedendo con forza un cessate il fuoco immediato. I civili vittime dei bombardamenti a Gaza sono ormai oltre 15000 – anche se il numero reale dei morti potrebbe essere molto più alto – e da parte israeliana vi sono morti e ostaggi».

Inoltre, la professoressa sostiene che: «In Italia non è sufficientemente diffusa la conoscenza del ruolo delle università israeliane nell’industria militare: dalla messa a punto di nuove armi e tecnologie di guerra, poi testate sulla popolazione palestinese (come il Technion), alle tecnologie di sorveglianza (come Pegasus, usato da regimi autoritari arabi per colpire gli attivisti per i diritti umani e dagli stessi governi europei) allo sviluppo di teorie volte a giustificare lo spossessamento della popolazione palestinese e l’uso della violenza contro di essa». Si tratta di legami già messi in evidenza da Giuseppe Curcio nel sul Dossier sull’Università di Bologna.

Alcuni docenti israeliani per avere assunto posizioni di critica all’operato del governo e dell’esercito israeliano sono stati sospesi dal servizio o licenziati, a conferma anche della militarizzazione dell’università e delle scuole, cancellando progressivamente ogni spazio di libertà e di democrazia nella società.

Ma l’articolo offre, oltre agli spunti che si legano alla nostra campagna contro l’adesione di docenti e rettori italiani alla Fondazione Med-Or della Leonardo, anche interessanti rimandi alla crescente presenza di militari nelle scuole, alle campagne quotidiane atte a favorire processi di militarizzazione del corpo sociale.

Il mondo accademico non è una torre eburnea, molte ricerche hanno un uso duale, in campo civile e militare, la presenza di Fondazioni e privati negli atenei si prefigge un obiettivo che stride con l’autonomia e la libertà della ricerca che lo Stato dovrebbe finanziare indirizzandola a usi solo civili e sociali con ricadute positive sulla cittadinanza e sulla nostra vita.

Questo boicottaggio ci ricorda che anche in Italia possiamo, anzi dobbiamo, non restare passivi e inermi davanti alla guerra denunciandone le molteplici collaborazioni nel mondo della ricerca  fino a un ruolo attivo delle facoltà umanistiche nella lettura della realtà e dei fatti storici piegati alle logiche di guerra

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